L'indagine Inapp su 570mila lavoratori. Consegne a domicilio, aiuti domestici e lezioni. Un mercato in crescita. "Ma vanno garantiti diritti e tutele".
La frontiera italiana del lavoro virtuale è sempre più affollata: sono 570.521 le persone che offrono la loro prestazione tramite piattaforme digitali. Per l'80% del platform workers la quota di reddito ricevuta da questi virtuali datori è fondamentale per vivere; per la metà è l'occupazione principale. Due su tre svolgono attività localizzate sul territorio - come le consegne a domicilio - l'altro opera solo sul web. Una frontiera che spesso si trasforma in far west, solo 1 su 10 è dipendente, il 10% di loro non ha un contratto scritto ed è soggetto al nuovo fenomeno del caporalato digitale. Questi ultimi, spiega il Presidente dell'Inapp Sebastiano Fadda, non vengono certo raccolti all'alba sul ciglio della strada, ma in termini informatici si realizza ugualmente un modo di pescare, attraverso la rete, le persone disponibili e impegnarle in lavori che non hanno nessuna garanzia di stabilità e di rinnovo dell'impegno. Non esistono per loro vincoli, nè normativi, nè contrattuali che regolino la prestazione lavorativa.
L'istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche ha fotografato il fenomeno all'interno dell'indagine Plus, una rilevazione campionaria nazionale ricorrente sulla qualità dell'occupazione che intervista circa 45mila lavoratori. Il risultato è la ricerca più approfondita svolta fino ad oggi su tutti coloro che tramite le piattaforme consegnano pacchi, portano pasti a domicilio, svolgono servizi online, prestano lavori domestici, accompagnano la gente con gli automezzi. "Che smonta - commenta Fadda - molti luoghi comuni su questo fenomeno: non è tutto sfruttamento, così come non è solo una forma per arrotondare tramite lavoretti. La pandemia l'ha solo accentuato in alcune sue forme, in particolare per le prestazioni legate alle consegne a domicilio. La tecnologia è neutra: ma può essere usata in senso positivo se si associa a nuove opportunità e incremento del reddito, e negativo se porta mancanza di tutele e frammentazione. Sarebbe però paradossale far cessare i diritti quando la tecnologia consente di realizzare le produzioni con una maggiore qualità del lavoro".
Nel suo studio l'Inapp parla di una "forma di lavoro fortemente controllata, svolta nei modi e nei tempi stabiliti dalla piattaforma, per molti unica scelta in assenza di alternative occupazionali, pagata spesso a cottimo e il cui guadagno risulta importante per chi lo esercita." Un lavoro povero, per pochi occasione di crescita di reddito, per molti l'ultima spiaggia per vivere. Sono soggetti a criteri di valutazione gestiti da algoritmi che definiscono i carichi. Ciò che valuta i compensi nel 60% dei casi è il numero di impegni o incarichi portati a termine e rilevante è anche il giudizio dei clienti. Se si riceve una valutazione negativa o se si ha un indisponibilità, nel 40% dei casi si subisce un peggioramento del tipo di incarichi e l'affidamento di quelli meno redditizi. "Tutto questo conferma - aggiunge Fadda - presenza di caratteristiche del cottimo. Si tratta di una seconda scelta cui si ricorre quando non si riesce a trovare un lavoro stabile e tradizionale. Coinvolge una fascia di età tra i 30 e i 50 anni. Quello è il momento della vita in cui si creano gli assetti familiari, ci si stabilizza, si fanno gli investimenti sulla casa. Il 45% di loro appartiene alla "coppia con figli". Pensare di vivere con un reddito precario e senza prospettive di stabilità è preoccupante".
Un problema che riguarda più di 28milioni di persone e le stime parlano di 43milioni ne 2025. Pochi giorni fa la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva per il miglioramento delle condizioni di lavoro su piattaforme digitali. L'obiettivo è di riconoscere a questi lavoratori tutti quei diritti generalmente garantiti nei contratti collettivi del lavoro subordinato, individuando in pratica la piattaforma come datore di lavoro: salario minimo se esiste, contrattazione collettiva, orario di lavoro e tutela della salute, ferie retribuite, miglior accesso alla protezione contro gli infortuni sul lavoro, prestazioni di disoccupazione e malattia, contributi previdenziali. "La sostanza - conclude Fadda - sta nl garantire i diritti e le tutele. Ciò può avvenire per via di specifiche norme regolative o tramite l'assimilazione diretta al lavoro subordinato. Le raccomandazione europee sono indicazioni di massima, subordinate al recepimento dei singoli Paesi. E' un problema che riguarderà sempre di più tutte le nuove forme di attività lavorative destinate a moltiplicarsi grazie all'evoluzione tecnologica.
Fonte: Corriere della Sera
Data di pubblicazione
19 Gennaio 22
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