Quando l’accusa di doping colpisce un soggetto non tesserato.

Quando l’accusa di doping colpisce un soggetto non tesserato.

Non tutti sanno che le norme del Codice Sportivo Antidoping (CSA) si applicano anche ai soggetti che non risultano tesserati presso alcuna federazione sportiva (associata o meno al CONI).

Secondo i dati statistici forniti da NADO Italia, nel periodo 2013-2017, i deferimenti di soggetti non tesserati sono stati ben 379. Nel triennio 2018-2020 i deferimenti di soggetti non tesserati sono saliti addirittura a 384. Il numero elevato di soggetti non tesserati dimostra l’esistenza di un fiorente e florido commercio di sostanze dopanti e vietate spesso alimentato da organizzazioni criminali incoraggiate dagli alti profitti economici in gioco.

Ecco quindi, che le Norme Sportive Antidoping (NSA) non hanno solo la funzione di sanzionare il comportamento dell’Atleta o del Personale di Supporto dell’Atleta. Esse invero hanno anche il basilare scopo di scoraggiare – e punire – l’utilizzo, il possesso ed il traffico, di sostanze e metodi considerati dopanti. Tutto ciò anche quando tali condotte illeciti siano poste in essere da parte di soggetti formalmente estranei al mondo dello sport.

Secondo quanto stabilito dall’art. 14.1 del CSA (nel nuovo testo in vigore dal 1 gennaio 2021): “per le violazioni delle NSA commesse da soggetti non tesserati per l’ordinamento sportivo italiano, si applicano le sanzioni dell’inibizione a tesserarsi e/o a rivestire in futuro cariche o incarichi presso il CONI, le Federazioni Sportive Nazionali, le Discipline Sportive Associate o gli Enti di Promozione Sportiva, ovvero a frequentare in Italia gli impianti sportivi, gli spazi destinati agli Atleti ed al personale addetto, a prendere parte alle manifestazioni o ad eventi sportivi che si svolgono sul territorio nazionale o sono organizzati dai predetti enti sportivi, per tutta la durata del periodo di squalifica corrispondente alla violazione commessa”.

Proseguendo poi con l’analisi del nuovo CSA si legge, al successivo art. 14.2, che: “Le sanzioni per le violazioni di cui ai precedenti articoli possono cumularsi con le sanzioni previste dalla WADA, nonché con quelle economiche di cui all’articolo 16. Se un Atleta o altra Persona si ritira dalle competizioni sportive mentre è in corso la procedura di gestione dei risultati presso NADO Italia, quest’ultima mantiene la giurisdizione sulla gestione del risultato. Se un Atleta o altra Persona si ritira prima dell’inizio della procedura digestione del risultato e, al momento della violazione della norma antidoping, NADO Italia ha la responsabilità della gestione del risultato, NADO Italia mantiene l’autorità a condurre la gestione del risultato rispetto alla predetta violazione della normativa antidoping”.

Riassumendo, quindi, la persona non tesserata che viola le disposizioni antidoping previste nel CSA, in primo luogo sarà assoggettata alla giurisdizione del Giudice Sportivo (pur non rivestendo alcuna qualifica formale all’interno dell’ordinamento sportivo) e, in caso di condanna, potrà subire, oltre a sanzioni economiche rilevanti (sino a 50.000,00€ oltre al pagamento delle spese processuali) la sanzione dell’inibizione a tesserarsi e/o a rivestire in futuro cariche o incarichi presso il CONI e/o presse le federazioni sportive ad esso affiliate.

Tuttavia, anche per il soggetto non tesserato, il CSA ha previsto delle specifiche misure per attenuare e/o ridurre le sanzioni (anche economiche) parametrate alle scelte processuali adottate dall’imputato. Egli infatti può avvalersi, ai sensi e per gli effetti degli artt. 11.7.1, 11.8.1 e 11.8.2 CSA 2021, dei benefici di eliminazione, riduzione o sospensione del periodo di squalifica nel caso intenda collaborare all’accertamento della violazione ovvero ammettere la responsabilità ascrittagli e rinunciare al giudizio ovvero accordarsi per la risoluzione del caso.

(a cura degli Avv.ti Andrea Abeni e Maria Luisa Garatti)

Data di pubblicazione

07 Maggio 21

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